sabato 15 settembre 2007


“NOI DIVERSI”




Località: Palermo
Galleria: Spazio BQuadro,
Indirizzo: Via XII gennaio 2
Periodo: dal 5 ottobre al 4 novembre 2007
Orario: 10.00/13.00 – 16.00/19.30
Titolo: “NOI DIVERSI”
Artisti: Luigi Ballarin, Gerardo Di Salvatore, Lughia
Curatori: Federica Di Stefano Zichichi e Giuseppe Salerno
Organizzazione: Galleria 196 di Roma (Via dei Coronari)
Patrocinio: Provincia Regionale di Palermo
Inaugurazione: venerdì 5 ottobre ore 19.00


Con il patrocinio della Provincia Regionale di Palermo, Venerdì 5 ottobre alle ore 19.00 presso lo Spazio BQuadro di Palermo si inaugura, a cura di Federica Di Stefano Zichichi e Giuseppe Salerno, “Noi Diversi”, esposizione di opere di Luigi Ballarin, Gerardo Di Salvatore e Lughia.
Incentrata sull’idea che nessun individuo è uguale ad un altro, “Noi Diversi” mette in mostra lavori il cui comune denominatore è la rappresentazione del proprio corpo.
I tre artisti affiancano da tempo alla loro produzione individuale la diffusione on line di copertine di “The Best in Art”, rivista inesistente attraverso la quale offrono al pubblico, con ironia, la propria immagine.

Dal testo in catalogo:

Se ogni essere umano è caratterizzato in modo inequivocabile da un DNA che lo rende unico ed immediatamente riconoscibile, l’artista da sempre manifesta questa individualità sottraendosi agli imperanti tentativi di omologazione ed asservimento. Rifuggendo così dai recinti predeterminati, dalle visioni dicotomiche e dalle costrizioni strumentali dell’organizzazione, l’arte da sempre si muove alla ricerca di spazi autonomi dove esibire l’infinita gamma dei grigi che contraddistinguono l’esistenza. Da una parte la società con le sue esigenze classificatorie e funzionali, dall’altra il pensiero libero che afferma ogni volta il valore del diverso.
Gerardo Di Salvatore, Lughia e Luigi Ballarin assumono la propria fisicità come punto di partenza per percorsi autonomi che, nel confermare la diversità come regola, portano alla realizzazione di opere firmate con il proprio corpo.

“Cambio di pelle”
L’uomo è ciò di cui si nutre con la bocca, con gli occhi, con le orecchie, con il naso, ma anche con la testa e con il cuore. Non traspare alcuna differenza, dai lavori di Gerardo Di Salvatore, tra ciò che quotidianamente si subisce e ciò che si ama. Inevitabilmente le infinite realtà con le quali entriamo in contatto ci trasformano. Ed è il corpo dichiarato dello stesso artista, riprodotto in formato reale su grandi tele, a subire importanti trasformazioni. Metamorfosi che, fatti salvi i tratti del volto che firmano l’opera, vedono l’epidermide ricoprirsi di piume e cortecce in un tendere verso una natura ritrovata, oppure di materiali sintetici e componenti meccaniche in un lasciarsi andare ad un mondo sempre più artefatto. Prospettive talvolta di segno opposto, espressioni di quei tanti bivi di fronte ai quali l’umanità si interroga. Prospettive messe in scena senza alcun dramma dall’artista il quale, con freddo distacco, interviene “sulla propria pelle” con la sola coscienza dell’inevitabile incidenza.

“Tracce Antropozoiche”
Le diversità umane, infinitamente piccole se rapportate alle dimensioni dell’universo, sono oggetto dell’indagine di Lughia, artista della quale sono noti gli scenari desertici di sabbie e sassi, rappresentazioni dell’eterno divenire. Un passaggio effimero quello dell’uomo sulla terra, destinato, secondo l’artista, a non lasciare, al pari di un’ombra, alcuna traccia. Ed è sulle ombre generate dal proprio corpo che l’artista incentra la propria ricerca sino a produrre, al limite con l’astrazione simbolica, quelle che possiamo definire “tracce antropozoiche”, memorie dell’anima, le sole che hanno il potere, imprimendosi nel cuore e nella mente degli uomini, di sopravvivere al succedersi delle generazioni.

“Diversamente Uguali”
Condizionamenti ambientali e storia determinano comportamenti e regole che, nell’alimentare il senso di appartenenza, consolidano diversità collettive, puramente formali, capaci di relegare in secondo piano i caratteri comuni ad ogni essere umano, i soli che sanciscono la diversità vera, quella individuale. Questo è quanto traspare negli ultimi lavori di Luigi Ballarin, artista la cui ricerca pittorica da sempre trae alimento dalla sconfinata passione per il mondo arabo. Opere di grande suggestione le sue, opere nelle quali, insieme alla rappresentazione di architetture e di grandi folle contraddistinte da quelle vesti che agli occhi dei più fanno la differenza, trovano spazio, su retrostanti piani sfondati, le impronte corporee dell’autore stesso. Tracce lasciate dalla mano o dal piede, nel prendere il posto di una firma comunque posticcia, fanno emergere quell’identità individuale che, al di là di ogni appartenenza, ci rende tutti diversamente uguali.
Giuseppe Salerno

Contatti:
Giuseppe Salerno salernogiu@tiscali.it 3391700429
Federica Di Stefano Zichichi info@galleria196.it 3385953004

www.luigiballarin.it
www.gerardodisalvatore.it
www.lughia.it

venerdì 14 settembre 2007

52. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. La morte è in scena.

Liquidata da più parti per scarsa incisività e valore artistico, questa 52. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia curata dello statunitense Robert Storr, offre in realtà uno spaccato del nostro presente assolvendo al compito, unico nel suo genere, di mostrare l'arte della contemporaneità, le tendenze, le scuole, i movimenti, gli artisti, attraverso le partecipazioni nazionali.
La sorprendente e singolare caratteristica di questa Biennale è di essere nell’insieme tematicamente affine. Il titolo “Sentire con la mente - pensare con i sensi. L’arte al presente” voluto da Robert Storr pur riecheggiando nella prima parte reminescenze Kantiane, nella seconda, con tutte le sue contraddizioni e complessità connesse, suggerisce un distinto percorso. Gli artisti delle nazioni partecipanti (tra l’altro quest’anno quasi raddoppiate) e dei numerosi eventi collaterali, si sono trovati incredibilmente concordi intorno a un solo tema, conseguentemente oltre che per la riflessione sul titolo della mostra, per la sensibile appartenenza di questi al mondo che viviamo.
Parafilia necrofila tra rappresentazione e feticismo, potrebbe sembrare il denominatore comune di questa 52. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. In realtà la mostra, finalmente priva di stramberie bizzarre da luna park, è caratterizzata da un forte impegno morale degli artisti contro la follia bellica e da una profonda riflessione sulla morte anche contro la ricorrente presenza di questa nei media e in tutti i mezzi d’informazione che la offende e snatura.
La morte come violenza, la morte come privazione che nel mondo attuale, costruito sul possesso come valore unico e assoluto, è la stessa cosa. La morte che diventa prevaricazione, idea fissa, ossessione e denuncia. Proprio quest’ultimo è l’aspetto che viene maggiormente messo in rilievo dagli artisti. La morte filtrata da riflessioni tra filosofia ed impegno sociale, tra tormento e ironia come nel caso di Angelo Filomeno e delle sue macabre e barocche tele di scheletri tragicamente grotteschi, preziosamente ricamate con seta e paillette. Oppure nell’intenso ed emozionante video di Bill Viola dal tema a lui caro della sospensione tra la vita e la morte, che mostra il simbolico attraversamento di un muro d’acqua intrapresa dai morti in un cammino inverso per ritornare nel mondo dei vivi ma che, infine, delusi del loro nuovo stato, rifaranno il percorso a ritroso.
L’elenco delle opere e delle performance sarebbe molto lungo e piuttosto che deridere la qualità artistica di queste, come da alcune parti è avvenuto, bisognerebbe innanzitutto domandarsi il perché di una tale concordanza e comunione di intenti, cercando di cogliere il significato di questa singolarità impossibile da ignorare, sia per la sintonia tematica, sia per la forza evocativa in cui etica ed estetica coincidono. Questo al contrario di certa critica un po’ saccente e arrogante che non ha saputo o voluto cogliere, nonostante ostenti di sé grande deontologia professionale.
Come è possibile restare impassibili di fronte alla video installazione di Yang Zhenzhong dove contemporaneamente su dei maxi schermi, anonimi individui da tutto il mondo, esprimono nella loro lingua l’improvvisa irruzione in un’esistenza non decifrabile, l’imprescindibile verità della frase: “Io morirò”. O con l’opera di Muñoz Óscar che presenta proiezioni video su diversi schermi allineati dove una mano disegna i volti di persone scomparse nel vano tentativo di tenerne in vita la memoria, ma che, una volta delineati i tratti essenziali, già iniziano a dissolversi finché non scompaiono nuovamente nel nulla.
Impossibile non menzionare la performance di Vanessa Beecroft con una trentina di donne sudanesi riverse nel sangue a denuncia del genocidio eseguito dal governo filo-arabo sudanese ai danni delle popolazioni africane che abitano il Darfur (i Fur, Massalit, Zaghawa e altre minoranze), o lo spettrale video che si commenta da sé, di Paolo Canevari dove un bambino gioca da solo con un teschio per palla, tra le sinistre macerie dell’ex quartier generale dell’esercito serbo a Belgrado bombardato dalla Nato nel 1995.
Lo scomparso Felix Gonzalez-Torres è presente con le sue opere nel Padiglione americano e invita il pubblico a consumare le caramelle nere di liquirizia disposte come un tappeto sul pavimento e il cui peso complessivo corrisponde a quello dell’artista e del suo compagno morto di AIDS come lui e prima di lui. Facendo così, metaforicamente dono di sé, invita a riflettere sulla transitorietà dell’esistenza umana.
Forse potrebbe apparire discutibile, ma comunque particolarmente toccante è l’invito che ci fa Sophie Calle di partecipazione alla morte della madre di cui documenta le ultime ore di vita, ponendoci degli interrogativi sulla contiguità tra la vita e la morte anche attraverso la fatale coincidenza per cui lo stesso giorno dell’invito a partecipare alla Biennale, ha appreso la notizia della malattia terminale della madre.
Su un altro tenore l’opera di Jan Christiaan Braun che documenta la consuetudine newyorkese di decorare le tombe dei propri cari in occasione delle varie feste dell’anno per continuare a festeggiare insieme ogni ricorrenza.
Denuncia per la manomissione della verità da parte del suo paese nell’opera di Emily Prince, la statunitense che ha realizzato i ritratti di 3800 vittime americane morte in Iraq ed Afghanistan. L’opera forma la carta geografica degli USA e i disegni sono disposti in modo da occupare il luogo corrispondente alla città di nascita di ciascuna vittima.
Feticismo, ma anche monito contro l’autodistruzione del genere umano nei quattromila frottage che Masao Okabe ha realizzato con le pietre del marciapiede della stazione portuale di Hiroshima nel tentativo di conservare l’impronta di qualcosa che non c’è più. Così come per lo scenario delle fotografie di Beirut realizzate da Gabriele Basilico da cui è scomparsa ogni presenza umana.
Altre opere, sempre molto attinenti al tema, sono le angoscianti fotografie di Tomer Ganihar, gli stringati elenchi e ritagli di giornale dei «muertos», «desaparecidos» e «cadáveres» di Ignasi Aballí; e la denuncia di Jenny Holzer della morte in una cella americana di un detenuto mediorientale.
Ma altre riflessioni sulla morte o come diceva Roland Barthes, sul Tempo che porta a riflettere sulla Morte, appare anche nelle opere di Jan Fabre a Palazzo Fortuny o nelle nuove Vanitas come l’enorme teschio composto con tante lucidissime stoviglie da Subodh Gupta, all’ingresso di Palazzo Grassi sul Canal Grande. Altri teschi nei cupi universi di Damien Hirst a cui si contrappongono quelli di Cucchi e i teschi beffardi di Bertozzi & Casoni dal lungo naso di Pinocchio.
Da questa concordanza emerge con chiarezza che non può certo trattarsi di sola coincidenza. James Hillman direbbe che si tratta dell’anima del mondo. Ma il senso di caducità e di finitudine che ci pervade a Venezia, insieme alla consapevolezza di come il divenire accompagni le nostre esistenze tra le apparenze della società contemporanea, non può occultarci l’ovvia considerazione che non ci sarebbe vita senza la morte e che per una vita che finisce, altre ne iniziano ed è pertanto proprio nel divenire che risiede la perennità del tutto.

Per una visita virtuale della 52. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia
www.treccanilab.com/biennale_di_venezia/

Mostra d’Arte Contemporanea 'Nuovi scenari creativi'


Genova - Dal 15 al 30 settembre 2007
Mostra d’Arte Contemporanea 'Nuovi scenari creativi'
Ars Habitat (Palazzo Ratto-Picasso)
L’Associazione Immagine Colore ligure presenta la Mostra
di Pittura e Scultura "Nuovi scenari creativi", nata per
valorizzare il territorio ligure ed il genere paesaggistico
nell’età odierna.
L’esposizione d’arte contemporanea, curata da Sabrina
Falzone, delinea con fluidità il percorso del genere
paesaggistico che, partendo dal figurativo, arriva a esiti
informali ed astratti, per approdare sino ai nuovi orizzonti
dell’arte digitale.
Sono luoghi che appartengono all’immaginario creativo
degli autori, laboratori mentali dove la Natura si
estrinseca nel colore, nella materia e nella forma
attraverso le coordinate del segno, in un complesso tessuto
di relazioni ed emozioni. Il paesaggio, così visto, si
eleva a territorio intellettuale prima ancora che
iconografico.
La collettiva sarà visitabile dal 15 al 30 settembre 2007
presso l’Ars Habitat, nel cuore di Genova. Il vernissage
è previsto per sabato 15 settembre 2007 alle ore 18.
Agli artisti in mostra va il merito di aver tradotto in
suprema Poesia il capolavoro della Natura.

Si ringraziano tutti i media che hanno sostenuto il
progetto, tra cui la redazione di NoKoss.net, La Voce
d’Italia e Europasera giornale italo-europeo On_line
www.europasera.it la libertà sull'informazione, una nuova
prospettiva alla notizia per l'Italia e l'Europa.

Artisti:
Cosimo Allera, Lello Bavenni, Tommaso Bartoloni, Marco
Genovesi, Marcello Giannozzi, Gina Giuliano, Manuela Delia
Laconi, Marcello Manenti, Augusto Orestini, Viola Dorina
Pellegri, Angela Policastro, Marco Robuschi, Sara Tassan
Mazzocco, Gaetano Antonio Villegiante

Nuovi scenari creativi
Genova, Ars Habitat (Palazzo Ratto-Picasso)
Via San Luca 14/4 - 16124
Dal 15 al 30 settembre 2007
Vernissage Sabato 15 Settembre, ore 18.
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 19.
Organizzazione generale: Comitato Immagine Colore
Curatrice: Sabrina Falzone
Fotografi ufficiali: Studio ChiaroScuro di Fabrizia Caleari
e Foto Video San Rocco
Email: info@immaginecolore.com - info@sabrinafalzone.info
Sito web: www.immaginecolore.com – www.sabrinafalzone.info
Ingresso gratuito

www.sabrinafalzone.info
http://www.naonisart.it/a_index.asp?FN=C&ID=V001350000

Video